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L'agenda

Racconti tetrallegri

Volume della collana LE BELLE LETTERE n. 3
Prezzo: €16,00 / Prezzo di listino: €19,00
Formato: 150X200, 152 pagine / Maggio, 2013 / ISBN: 9788895146867
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Chi voglia conoscere Trieste, deve passare da Ugo Pierri. La città è il protagonista assoluto di larga parte della sua produzione di pittore, poeta, scrittore, icastico fustigatore che grida dalle colonne del samizdat “Ossetia”. Ma non si pensi alla città di carta, in cui si ha l’impressione di non essere in alcun luogo, sospesa in una irrealtà cara ai fedelissimi propugnatori del mito, o alla città-cartolina dei castelli di Miramare e delle statue di Sissi per turisti in corriera. La Trieste di Pierri – che emerge potentemente anche in questi racconti – è gelida, spazzata dalla bora, oppure ammorbata da un’umidità tropicale, sempre nella stagione sbagliata, poco accogliente verso lo straniero e il povero, guidata dai burocrati delle sempiterne banche-assicurazioni, politici voltagabbana circondati da corti di portaborse, negozianti della buona borghesia che umiliano i dipendenti, in una sola parola: padroni. Alla figura del padrone fa da contraltare quella dell’uomo costretto a fare i conti con la propria inettitudine, l’antieroe per eccellenza cui è riservata solo l’opzione della resa incondizionata, colui il quale, per citare il Mattioni de Il sosia, non conosce la gioia delle cose scoperte e possedute. Pierri eccelle nelle descrizioni plasticamente lombrosiane dei personaggi, grazie al suo talento di pittore e designatore che dà il meglio di sé nella rappresentazione grottesca, espressionistica dell’uomo, riuscendo a trasformare in colore pregno e in segno nitido le nostre aspirazioni, soprattutto i nostri inevitabili fallimenti. La città-necropoli, o città-sanatorio, o città-lager, delimitata da moli che si slanciano con poca passione in un mare stantio e da orribili colate di cemento progettate da architetti di successo, non è solo una città deformata dallo sguardo dello scrittore, è con buona approssimazione la Trieste in cui viviamo oggi: decadente, provinciale, immobile. Senza reticenze, ci fa vedere ciò che molti di noi non vogliono, o non sono capaci di vedere.

 

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