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“Non ci sono solamente due alternative, come si è soliti ritenere, ovvero la vita di città e la vita di campagna; ne esiste una terza, in cui tutti i vantaggi della vita di città più energica e attiva possono integrarsi, in un connubio perfetto, in tutta la bellezza e il diletto della campagna […]”.
È sorprendente pensare che The Garden Cities of Tomorrow risalga al 1902: l'ideale alla base di questo piccolo e appassionato libretto anima ancora il dibattito urbanistico contemporaneo e stupisce per la profondità di analisi e la concretezza delle proposte.
Di fronte all'industrializzazione selvaggia che prende sempre più piede negli agglomerati britannici di fine Ottocento, dominati dal congestionamento e da condizioni di vita precarie e malsane, Howard risponde con le città-giardino che, pensate in un'ottica modulare, fondono i vantaggi della vita cittadina ai piaceri della campagna, allo scopo di far scaturire “un movimento spontaneo dalle città affollate al ventre della nostra gentile madre terra, un tempo fonte di vita, felicità, abbondanza e potere”.
Un testo pregno e affascinante, che non cessa di influenzare il pensiero architettonico contemporaneo e che proclama, con vent'anni di anticipo su Vers une architecture di Le Corbusier, l'esigenza di una riforma dello spazio urbano e di un necessario avvicinamento dell'uomo alla natura.