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L'UMANO E L'ETERNO

Liriche e voci di una esistenza al crepuscolo

Volume della collana LE BELLE LETTERE n. 57
Prezzo: €26,10 / Prezzo di listino: €29,00
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Formato: 130x170, 320 pagine / Giugno, 2021 / ISBN: 9788893131971
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Questo poemetto filosofico si serve di una architettonica letteraria, ma sconfina negli ambiti, dell’estetica, della poetica (come ricerca di un nuovo linguaggio) e della filosofia, in generale. Il poemetto, d’ispirazione esistenzialistica, Martin Heidegger e, soprattutto, Karl Jaspers, narra l’esperienza vissuta realmente da una esistenza (quella dello scrivente) giunta al suo crepuscolo. È  l’esperienza vissuta sulla soglia tra la vita e la morte, l’umano e l’eterno.

Un’invocazione esistenziale che cerca il senso dell’esistere nella dialettica tra Immanenza e Trascendenza. Questa dialettica si rivelerà la cifra vera, portatrice di senso, e, anche, la sola in grado di poter tracciare, significativamente, il sentiero breve e interrotto del destino dell’esistenza individuale umana unificando, conciliando, immanenza e trascendenza, l’Umano e l’Eterno, l’essere e il nulla. Intendendo con nulla, ovviamente, l’ambito di riflessione che si sottrae alla sperimentazione, alla metodizzazione, al controllo empirico, al calcolo e, in definitiva, all’oggettivazione e all’universalizzazione della conoscenza in senso scientifico. Si comprende che per la scienza, il nulla filosofico sia un niente di fatto, sottraendosi questo nulla ai fatti. Ma non è così. Il nulla filosofico non sostituisce la scienza, di cui non ne avremo mai abbastanza, è un ambito complementare, un ambito di trascendenza, anzi l’ambito della trascendenza. Se la scienza spiega il mondo, l’ambito filosofico del nulla ci aiuta a comprenderlo. A comprenderlo non dal punto di vista fisico, ma metafisico: dal punto di vista dei valori, del senso. L’ambito metafisico è ambito classico delle  argomentazioni, dello scontro tra principi e premesse valoriali, ma anche ambito delle ragioni del cuore (Pascal), ambito delle emozioni, dei sentimenti, della fede, delle credenze, delle religioni. È anche l’ambito dei perché della vita e del mondo: la vita ha un senso? C’è un tutto? E questo tutto ha un senso? In questo tutto come ci collochiamo? O siamo in esso già collocati? L’esistere umano ha un valore, una sua verità? E chi decide di essi? Il nulla filosofico apre agli scenari dell’indicibile, dell’indescrivibile, dell’inconcepibile e, spesso, anche dell’inimmaginabile, ma queste non sono  sotto-cifre superflue, insignificanti, irrilevanti, piuttosto sono sotto-cifre  fondamentali dell’esistere umano, cifre della richiesta di senso, cifre della verità e del senso della verità. Sono sotto-cifre che ci permettono di tra-scendere, andare oltre noi stessi per riappropriarci sempre di nuovo delle domande essenziali del Tutto e del perché del Tutto, del perché delle cose. Il non-detto, il non-dicibile non è solo un  atto linguistico (ontico), è piuttosto un atto fondamentalmente di natura ontologica in cui per l’esistere umano ne va della sua significatività, della sua essenza che non è solo temporalità, finitudine, ma anche e soprattutto trascendenza e bisogno di senso.

La parola del nulla non ha un contenuto scientifico e non reclama, di conseguenza, prove di validità empiriche, logiche o d’altro tipo. Come pensiero che pensa se stesso e sulle stesse possibilità di pensare e sul senso del pensare, il nulla filosofico è riflessione tra-scendente alla ricerca di un nuovo linguaggio. Cerca il linguaggio delle cose, dell’anima, del cuore: il linguaggio che non c’è. Si tratta di far parlare le cose, avere la possibilità di ascoltare le cose, ascoltare le voci delle cose. Che siano le cose a dirsi e non noi a dirle, che sia concesso all’universo di rivelarsi e a noi la possibilità di ascoltarlo e di comprenderlo fin dove ciò è, a noi, umanamente possibile. Oltre al linguaggio che c’è, sembra che l’esistere umano invochi e reclami il linguaggio che non c’è: un linguaggio capace di accogliere le tante forme singolari di trascendenza esistenziale, per dire quel che non si riesce a dire, per esprimere quello che non si riesce ad esprimere. Nella ricerca di un linguaggio che possa corrispondere alle cose e al loro senso, l’esistere umano si è affidato e si affida spesso e ancora al linguaggio poetico. La parola poetante sembra, effettivamente, avere la capacità, più di ogni altra parola, di tra-scendere la tautologia che avvolge e copre l’immanenza delle cose e la stessa esistenza umana e di poter portare allo scoperto l’in-espresso e l’in-esprimibile di quest’ultima, vale a dire: la sua trascendenza (che non è solo una questione di  religione o fede e di dialogo ‘personale’ alla ricerca di Dio, da Agostino a Pascal e Kierkegaard) e le tante forme che la compongono e la frantumano in una rugiada di speranze, sogni, illuminazioni, ma anche di angosce, paure e disperazioni.

 Che le Muse ci siano vicine e ci aiutino in questo arduo se non impossibile compito.

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