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TINA MODOTTI, verità e leggenda

Volume della collana LE BELLE LETTERE n. 25
Prezzo: €18,00 / Prezzo di listino: €20,00
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Formato: 150x200, 240 pagine / Novembre, 2017 / ISBN: 9788893130714
Traduzione di: 
Bruna Manai

È vero che fu il cielo del Messico a illuminare queste fotografie, ma non è la luce che ha fatto uscire dalla macchina fotografica quelle inquadrature perfette. Il segreto delle sue fotografie consiste nel rendere il mondo più visibile con lo sguardo della bontà. Quello sguardo volle che non si vedesse il volto della vecchia, ma il fatto che la brocca che portava fosse coperta di sudore e di sangue. Quello sguardo volle che alle spalle dello straccione, del disperato, dell’abbandonato, si vedesse la pubblicità di una boutique di moda per signori, o che sul tavolo al quale il morto di fame chiede lavoro ci sia ben evidente il codice del lavoro. Quello sguardo volle che gli occhi di un bambino povero fossero più belli di quelli sfavillanti e truccati di una reginetta del ballo, che i paesaggi del lavoro, i prodotti del lavoro e i mezzi di produzione, le piantagioni di canna da zucchero, la falce messicana, la brocca di terraglia, le mani che stringono una pala, le chitarre e i sombreros, le pannocchie di granturco e l’impalcatura davanti a una casa avessero più grazia dei verdi prati della Svizzera.
Eppure gli uomini di questo mondo non si sentono felici. Perché? Questa è la domanda che le sue fotografie ci propongono. Queste sono le opere della bella Tina Modotti, che tutti amavano e che qualche tempo fa è morta improvvisamente in Messico.

Sì, è Maria. È vero, si direbbe che tra l’una e l’altra ci siano dieci anni almeno. Ma chi ha visto la guerra qui non si meraviglia di niente, neppure che una persona in tre anni sia invecchiata di dieci o quindici anni. E infine non è morta poco dopo la fine della nostra guerra? Perché pensi che il suo cuore fosse mortalmente malato e sfinito come quello di una persona decrepita mentre non aveva neanche quarantasei anni? Ma qui manca la cosa più importante – Fior scuote la testa. Sai cos’era che impressionava di più di Maria? Gli occhi. Era come se ci si potesse annegare dentro. Non era possibile sostenere a lungo il suo sguardo. Quegli occhi sembrava sapessero troppe cose, sembrava volessero dire troppe cose... A quel tempo spesso mi facevano davvero paura. Oggi che so tutto quello che aveva dovuto vedere prima di venire in Spagna, oggi capisco perché avesse quegli occhi, quello sguardo...

Se ogni persona e ogni paesaggio ci lasciano un’impressione dominante che sovrasta tutte le altre, devo dire che per me Tina è la personificazione della più alta virtù rivoluzionaria, dell’abnegazione. Con la sua attività silenziosa ma tenace vinceva tutte le battaglie, le grandi, quelle della redenzione definitiva, e le piccole, quelle che intessono con saggezza l’accordo necessario delle volontà eroiche.

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