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Il 1989 è stato l’anno dell’e. La danza sul muro di Berlino è il simbolo della rivoluzione pacifica dell’e, scoppiata dal nulla e ancora oggi rimasta inspiegata e inspiegabile. Rierigere, rievocare e rinazionalizzare oggi confini già caduti altro non è che una reazione: la reazione a una semantica dell’e assolutamente insopportabile. Sono in molti a essere spaventati dalla globalità, dalla vaghezza e dall’indeterminatezza dell’e. L’estraniamento dell’estraneo e l’espropriazione del proprio, involontarie conseguenze dell’e, vengono percepiti come una minaccia. In molti affermano di non poter vivere senza il dualismo aut-aut e aggiungono di non riuscire nemmeno a immaginarsela, la dimensione dell’e. L’e non segna dunque la creazione di un paradiso sulla terra, diventa invece probabile foriero di nuove, impensabili sciagure. Ma il mondo dell’aut-aut nel quale pensiamo, agiamo e viviamo sta diventando fittizio. In un modo o nell’altro prendono vita discussioni ed esperimenti in una dimensione che va oltre l’aut -aut o, per usare le parole di questo libro, si inizia a reinventare la politica.